Léon

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“Rewind è la videoteca ideale, che comprende quei film che non dovrebbero mai mancare in una collezione home video che si rispetti.

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Léon

di Luc Besson

La storia in breve…

Léon (Jean Reno) è un sicario italiano al servizio di chi può permettersi la sua abilità. Trascorre una vita solitaria in uno squallido appartamento newyorkese, non ha amici, parenti o amanti. L’unico contatto umano è Tony (Danny Aiello), un mafioso che gli procura i contratti. Mathilda (Natalie Portman) è una ragazzina di dodici anni adottata assieme al fratello più piccolo da una famiglia che vive nell’appartamento vicino a quello di Léon. Il padre adottivo è uno spacciatore da quattro soldi, che deve risarcire alcuni poliziotti corrotti di un carico sparito di cocaina. Questo non riuscendo a recuperare la merce verrà ucciso assieme a tutti i membri della famiglia, a salvarsi sarà per puro caso Mathilda che si ritroverà a vivere assieme a Léon. Tra i due inizierà una intensa storia di amicizia, dove le parti sembrano invertirsi. Da una parte un uomo che vorrebbe ritornare ragazzo per vivere un’adolescenza strappatagli troppo presto, dall’altra una giovane che ha fretta di crescere. Tutto prenderà una piega inaspettata quando la ragazza deciderà di vendicarsi per la morte del fratello ucciso nella strage compiuta dai poliziotti

Il fucile è la prima arma che si impara ad usare perché ti permette di mantenere una certa distanza dal cliente. Più ti avvicini a diventare professionista, più riesci ad avvicinarti al cliente. Il coltello per esempio, è l’ultima cosa che si impara.

Il Film

Quarto film cinematografico diretto da Luc Besson che trova un perfetto equilibrio tra componente narrativa e visiva. Storia di una relazione “impossibile” tra un uomo e una ragazza, “Léon” inizia come un thriller tesissimo regalando una sequenza di apertura al fulmicotone, lasciando il posto a un racconto di formazione a parti invertite. Il regista francese, qui anche sceneggiatore unico, racconta il legame tra due persone con una delicatezza che raramente ci si aspetterebbe di trovare in una pellicola che inizia con uno spettacolo di morte e uccisione che guarda verso oriente, per messa in scena e tempistica e coreografia dell’azione. Besson sfrutta il cinema di genere per raccontare una storia delicata, estremamente sfaccettata che vede sentimenti e necessità di una improbabile coppia per le quasi due ore di durata. Gli interpreti vedono una giovane Natalie Portman nel ruolo di Mathilda, tratteggiare con abilità una bambina che diventa iconica dopo la prima battuta, mentre ad affiancarla nei panni di Léon troviamo il francese Jean Reno che lascia basiti per la qualità dell’interpretazione.

Secondario ma non per questo meno importante, troviamo Gary Oldman nei panni del cattivo della situazione, che anche in questa occasione nelle poche sequenze dove appare riesce a bucare lo schermo, nonostante l’eccessiva tracotanza del personaggio da lui interpretato. In “Léon” non esistono tempi morti, nonostante dopo l’incredibile sequenza di apertura, si debba aspettare la fine per vedere nuovamente l’azione piombare in modo dirompente sullo schermo, ma non per questo il ritmo del film risulta lento, anzi. La sceneggiatura condensa e cadenza talmente tanti eventi e momenti memorabili che un qualsiasi altro film si sarebbe accontento anche solo di raccontarne la metà. Besson però è abile nel dosare ogni parte del racconto, nel tirare fuori il meglio dai suoi protagonisti e aiutato da una colonna sonora perfetta nella descrizione di ogni scena, eleva “Léon” a titolo imprescindibile sia per gli amanti del cinema d’azione che per tutti coloro che vogliono abbandonarsi al piacere di seguire una insolita storia d’amore tra i bassifondi di New York.

È sempre la stessa storia: è solo quando cominci a temere davvero la morte che impari ad apprezzare la vita. A te piace la vita, tesoruccio?

Appunti: quando Lolita incontrò John Woo

La cosa più interessante con l’avvento del DVD sono stati i contenuti extra, tra questi il commento del regista e i vari documentari sulla lavorazione. Ora essendo un contenuto aggiuntivo molti non lo avranno nemmeno considerato, ma se avete avuto occasione di vedere il making of di “Ritorno al futuro”, sicuramente vi ricorderete come Zemeckis parlasse della bocciatura della sceneggiatura da parte della Disney a causa del rapporto madre/figlio presente. Il film fu proposto alla Universal, che accese luce verde dando via libera alla lavorazione del film e sappiamo tutti com’è andata a finire. Proviamo a immaginare (e ci vuole impegno per farlo), se nelle mani della casa di topolino fosse finita la sceneggiatura di “Léon”. Probabilmente prima di dare il benservito a Besson,  avrebbero chiamato la polizia per farlo arrestare. Il film però è stato prodotto dalla francese Gaumont, il successo internazionale non è mancato e grazie a tutto questo, oggi possiamo riflettere su quello che è forse la punta di diamante della filmografia del regista francese. “Léon” è la sintesi perfetta del cinema del cineasta di inizio carriera. Riesce a coniugare il gusto per le scene d’azione che avevano già raggiunto il personale apice stilistico nel precedente “Nikita”, con la sensibilità del racconto che aveva dimostrato in “Le grand bleu” (cosa naturale se ti chiami John Woo, ma non così scontata se non lo sei). Besson riesce non solo a gestire una storia che oggi non vedremmo mai uscire al cinema (con il perbenismo imperante che contraddistingue questi anni il film avrebbe vita decisamente dura), ma anche un gruppo di interpreti in completo stato di grazia. 

Dal controllatissimo Jean Renò, al esagerato Gary Oldman passando per la prima interpretazione di Natalie Portman, il cast messo assieme dal regista francese regala emozioni ad ogni battuta o sguardo d’intesa (e sequenze supportate da battute memorabili “Léon” è pieno). Ma Besson è anche spudorato nel raccontare il rapporto tra un adulto e una ragazzina, che inizialmente sembra essere quello padre/figlia ma che lentamente si abbandona alle derive di un sentimento ben diverso. Nel cinema del 1994 un soggetto del genere era ancora ammissibile, ma oggi sarebbe in un attimo scambiato per un inno alla pedofilia dalla ignoranza mediatica. “Léon” dopo venticinque anni è ancora un esempio di quanto il cinema francese sia capace di costruire grande spettacolo, coniugando intrattenimento e racconto attraverso una personale lettura del genere. Un film di culto da scoprire, o da rivedere rimanendo stupiti di come “Léon” risulti ancora oggi, grazie ad una messa in scena miracolosa, riuscito da qualsiasi punto di vista e inossidabile al tempo.

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CONCLUSIONI
4
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